Con il presente AnfitInforma Vi rendiamo noto che ANFIT ha sottoposto a FINCO una questione legata a una normativa del 1993, considerata allora “norma transitoria” ma tuttora in vigore, che prevede la possibilità nei rapporti “Business to Business” di non gravare la fornitura dell’imposta dell’Iva ma solo tra aziende e quindi (fortunatamente!) non con il privato.
Pertanto FINCO, stimolata dalla nostra domanda, si è fatta portatrice di interessi e ha richiesto un incontro con il Sottosegretario del Ministero dell’Economia e Finanze On. Pier Paolo Baretta.
Vi riportiamo quanto espresso nella newsletter Finco nr. 5 del 1 giugno 2015
“In parole povere un’azienda comunitaria che vende in Italia può vendere all’impresa Italiana o ai rivenditori Italiani direttamente senza l’Iva secondo un meccanismo molto semplice: un’azienda Polacca vende ad un’azienda Italiana il lotto dei prodotti da costruzione senza l’aggravio dell’Iva; a sua volta l’azienda italiana si autofattura l’imposta dell’Iva ed entro il mese utilizza lo strumento del Reverse fra stati per annullare l’imposta“.
METTERE LA NORMA IN SOFFITTA. Secondo la Federazione occorre “mettere fine ad una transitorietà che poteva avere un senso nel ’93, quando i paesi partecipanti al mercato comune si potevano di fatto equivalere, ma non oggi con l’ingresso di economie alquanto più disomogenee“.
PUNIRE TUTTI PER COLPIRNE ALCUNI. Reverse charge (inversione dell’onere di versamento dell’Iva) e split payment (slittamento del pagamento o, per meglio dire, scissione) sono procedure che, osserva Finco, “colpiscono finanziariamente le aziende con la logica e l’effetto di punire tutti per colpirne alcuni (ma la filosofia non era quella di “colpire uno per colpirne cento?”)“.
Ai problemi dell’attuazione del reverse charge “si è aggiunta la norma, appunto, dello Split Payment, introdotta dall’ultima Legge di Stabilità (art.1, comma 629 Lettera b della Legge 23 Dicembre 2014 n. 190) ed applicabile alle fatture emesse dal primo gennaio dell’anno in corso. Si tratta, come è noto, di una particolare modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non sono debitori d’imposta. Al fornitore viene corrisposto il solo importo della base imponibile pagato dalla PA debitrice, al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è sottratta dalla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario“.
Finco evidenzia che “per le imprese che non rientrano nel sistema del Reverse Charge, lo Split Payment è ancora più penalizzante poiché, oltre a non ricevere l’IVA dalla stazione appaltante, in caso di subappalto, tali imprese sono tenute invece a pagarla ai propri subappaltatori, non solo anticipandola rispetto alla riscossione, ma con la possibilità di recuperarla solo rateizzandola l’anno successivo a quello di bilancio“.
Quindi, la risposta alla domanda inziale è…
… AL MOMENTO, PURTROPPO, SI’!