Il nuovo Codice degli Appalti è realtà: previste digitalizzazione, automatizzazione delle procedure e premialità per il Made in Italy.
Nella serata del 28 marzo scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato la nuova versione del Codice degli Appalti. L’elaborazione di questo strumento ha richiesto quasi un anno, ha comportato lo sviluppo prima di una Legge Delega (78/2022) e poi di un Decreto Legislativo, ha coinvolto due governi (Draghi e Meloni) ed è stata caratterizzata dal coinvolgimento di Parlamento, Consiglio di Stato, Conferenza Stato-Regioni e Commissioni di Camera e Senato.
Il testo del Decreto Legislativo 36/2023 (clicca qui per scaricarlo), pubblicato nella giornata di oggi, entrerà in vigore il giorno 01/04/2023, ma prevede, altresì, l’operatività concreta a partire dal giorno 01/07/2023, con transitorio fino al 31/12/2023. Inoltre, per le procedure già in corso al momento dell’entrata in vigore del nuovo Codice, continuerà a far fede la versione precedente definita tramite il Decreto legislativo 50/2016.
Dall’osservatorio ANFIT, tra gli aspetti positivi contenuti nel Decreto, due sono quelli di maggiore rilevanza e riguardano le tempistiche degli iter e la premialità attribuita al Made in Italy.
Il primo aspetto, che incide profondamente sull’operatività aziendale, secondo quanto riportato nel comunicato del Ministero delle Infrastrutture (clicca qui), si concretizzerà nel risparmio di 6-12 mesi per la gara di appalto, prevalentemente grazie alla digitalizzazione e alla automatizzazione delle procedure.
Il secondo aspetto, che ricalca il principale scopo fondativo dell’Associazione (clicca qui), prevede l’attribuzione di speciali premialità riservate alla provenienza dei prodotti, quando questi risultano essere Made in Italy o comunque in ambito UE, in modo da tutelarli dalla concorrenza sleale esercitata dagli operatori di Paesi terzi. Sempre in relazione alla territorialità, la nuova versione del codice degli appalti prevede degli ulteriori criteri premianti destinati a valorizzare il fatto che le l’impresa abbia sede nel territorio in cui l’opera è situata.
Infine, si evidenzia che, per rispondere a una esigenza più volte espressa dal settore pubblico, il decreto ha previsto l’esclusione della colpa grave per funzionari/dirigenti degli enti pubblici in relazione a problematiche derivanti da scelte fatte sulla base della giurisprudenza o dei pareri dell’autorità.
Seguici su