Rilettura dei passaggi in ambito di contabilità che hanno portato al DL11/2023, con focus sulle indicazioni Eurostat/ISTAT sulla pagabilità dei crediti.
L’emanazione del Decreto Blocca Cessioni è stata, in larga parte, conseguenza di una questione di contabilità. Tutta la struttura sviluppatasi a partire dalla pubblicazione del DL Rilancio del 2020, infatti, si è sempre basata sull’assunto (a quanto pare ipotetico/provvisorio) che i crediti fiscali generati dai meccanismi di cessione dovessero esser contabilizzati in una certa maniera.
Per capire di cosa si tratta è necessario partire dalla definizione delle due possibili casistiche di riferimento: si definisce pagabile un credito di imposta per cui la spesa da parte dello stato deve essere riconosciuta all’inizio, ovvero all’avvio dei lavori in ambito edile, mentre si definisce non pagabile un credito di imposta che non comporta una spesa immediata da parte dello Stato, ma ne riduce le entrate fiscali dello Stato in futuro. La differenza tra le due condizioni non riguarda, quindi, la quantità dell’impatto sul deficit, ma la tempistica: nel primo caso la contabilizzazione deve avvenire “tutta subito”, nel secondo caso “spalmata annualmente sul periodo di riferimento dell’incentivo”.
Lo stato italiano ha ritenuto di classificare i crediti da bonus fiscali edilizi generati tramite i meccanismi di sconto in fattura/cessione nella seconda categoria, ma tale scelta è stata via via messa in dubbio, fino ad arrivare alla chiusura della questione, attraverso due passaggi determinanti.
Il primo è datato 14 febbraio e consiste nell’audizione in Commissione Finanze e Tesoro del Senato da parte del Direttore di statistiche e finanza pubblica di Eurostat. In quella sede, pur lasciando l’ultima parola a ISTAT, è stato chiarito che, secondo Eurostat i crediti derivanti da bonus edilizi dovessero essere classificati come pagabili. L’impatto di questa indicazione, all’osservatore non esperto di contabilità pubblica, potrebbe apparire limitato, ma così non è: concentrandosi sul 2023 (primo anno intero di governo per l’attuale maggioranza parlamentare), ciò significava caricare il deficit 2023 di tutta la massa di crediti sviluppati nell’anno, facendo schizzare verso l’alto il rapporto deficit/PIL. Questa prospettiva, che avrebbe privato il paese del già limitato spazio economico di manovra, ha allarmato l’esecutivo, che è intervenuto con inconsueta rapidità pubblicando il Decreto 11/2023.
È poi seguito un secondo passaggio, datato 01 marzo. In questa data ISTAT, a cui Eurostat aveva lasciato l’ultima parola, ha rilasciato il proprio report sul PIL 2022 (clicca qui) facendo integralmente proprie le indicazioni dell’ente europeo, stabilendo che i crediti di imposta da bonus edilizi debbano essere contabilizzati come pagabili, con tale modifica ha comportato l’aggiornamento dei dati sul rapporto deficit/PIL per gli anni 2020 e 2021 (chiaramente in peggio).
Queste considerazioni vogliono essere esplicative delle ragioni tecnico-contabili che hanno portato il governo all’emanazione del DL 11/2023, ma non sminuiscono affatto l’importanza di altri aspetti, quali:
Per tali motivazioni ANFIT confida in modifiche in sede di conversione parlamentare del Decreto, che oltre alle oggettive questioni in materia di contabilità tengano conto anche degli impatti macroeconomici del documento e delle ricadute su famiglie e imprese, quanto meno in relazione alle pratiche a cavallo della scadenza del 16 febbraio (clicca qui).
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